Il rischio sismico presente all’interno del territorio italiano è ben noto ed è identificabile principalmente sotto due aspetti: il primo riguarda l’alta sismicità del nostro Paese che nei secoli addietro ha portato a terremoti importanti che hanno colpito soprattutto alcune zone dell’Italia centro-meridionale. Il secondo aspetto è inerente, invece, all’elevata vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano che è caratterizzato dall’essere molto eterogeneo e in alcuni casi decisamente inadatto per poter fronteggiare azioni di una certa intensità come possono essere quelle sismiche.
Se per quanto concerne il primo punto non è possibile fare nulla, in quanto causa di movimenti tettonici naturali, in merito alla vulnerabilità sismica è necessario e doveroso intervenire in modo adeguato.
Diventano quindi fondamentali strategie di intervento per andare a mitigare il rischio sismico sulle strutture presenti nel territorio italiano con il fine di renderle meno vulnerabili nei confronti delle azioni sismiche.
Negli ultimi vent’anni la storia della protezione sismica delle strutture ha posto l’accento sul raggiungimento di una performance in termini di duttilità. Con duttilità si intende la capacità che ha la struttura di incassare deformazioni in campo plastico e quindi di danneggiarsi a seguito delle azioni sismiche. Dal momento che un edificio si danneggia, dissipa energia sotto forma di calore (dissipazione isteretica) andando a ridurre quelli che sono gli effetti del terremoto sotto forma di accelerazioni più contenute e di forze minori.
Oggi giorno, operando secondo l’attuale quadro normativo, la duttilità delle strutture viene raggiunta mediante la filosofia di progettazione del “Capacity Design”, con la quale si individuano delle zone a danneggiamento controllato nelle quali concentrare la dissipazione, in maniera tale da salvaguardare gli elementi strutturali principali. In pratica il criterio della gerarchia delle resistenze ha lo scopo di garantire un’adeguata sovra-resistenza delle parti strutturali fragili (non dissipative), che devono rimanere in campo elastico, affinché si possano plasticizzare solo gli elementi o le zone dissipative.
Un modo alternativo per dissipare l’energia derivante da un terremoto è quello di inserire all’interno della struttura dei dispositivi di controllo strutturale, cioè elementi che forniscono una dissipazione supplementare di energia. Questa tecnologia può essere prevista all’interno di un edificio esistente, con lo scopo di proteggerlo, ma può anche essere utilizzata come elemento sismo-resistente di una struttura nuova in aggiunta alla filosofia di progettazione della gerarchia per quanto riguarda gli altri elementi tradizionali con lo scopo di conferire al complesso strutturale un’alta capacità dissipativa, senza ricorrere al danneggiamento delle membrature.
Sfruttando la sola dissipazione legata al danneggiamento della struttura, si produce un’effettiva riduzione delle forze sismiche complessive: si pensi al concetto di spettro di risposta di progetto ottenuto dividendo le ordinate spettrali elastiche per un fattore di comportamento q maggiore di 1,5. Maggiore sarà il valore del coefficiente q e minori saranno le azioni a cui la struttura sarà chiamata a resistere. Purtroppo, la stessa cosa non si potrà dire degli spostamenti: infatti, i danni “concessi” alla struttura comporteranno una diminuzione della rigidezza degli elementi verticali e di conseguenza spostamenti al più uguali a quelli che avrebbe avuto la stessa struttura pensata per rimanere in campo elastico.
Questi spostamenti comportano a loro volta delle deformazioni crescenti nelle sezioni degli elementi sismo-resistenti che risulteranno essere la maggior causa del danneggiamento degli elementi non strutturali.
È ormai noto che, per un numero sempre maggiore di strutture, il valore dato dal costo degli elementi strutturali è molto inferiore rispetto al costo degli elementi non strutturali ed al valore del contenuto. Fare la scelta di progettare la struttura ammettendo che essa si danneggi non escluderebbe affatto una protezione nei confronti degli elementi non strutturali e del contenuto, visto che gli spostamenti rimarrebbero i medesimi di una struttura con comportamento elastico.
Allo stesso modo è controintuitiva una progettazione con fattori di comportamento bassi (strutture non dissipative) in quanto questo esporrebbe la struttura ad accelerazioni (e quindi forze) non compatibili con gli elementi secondari.
Una protezione ottenuta mediante dissipazione supplementare di energia riduce le forze sismiche agenti sulla struttura e, allo stesso tempo, diminuisce le deformazioni elastiche del sistema, proteggendo anche gli elementi non strutturali ed il contenuto dell’edificio.
In altre parole, l’utilizzo di dispositivi adatti a dissipare energia supplementare permette di proteggere l’intero valore della struttura.
La tecnologia del controllo strutturale prevede l’impiego di dispositivi in grado di modificare la risposta dinamica globale della struttura, riducendone le oscillazioni e rispondendo alle richieste di sicurezza ed utilizzabilità del manufatto, senza la necessità di ricorrere a deformazioni plastiche. La dissipazione è ad opera di comportamenti non lineari insiti nei dispositivi, per lo più distribuiti all’interno della compagine strutturale.
I dispositivi di controllo strutturale sono generalmente catalogati in letteratura in due categorie:
- sistemi di controllo passivo;
- sistemi di controllo attivo.
Di seguito si andrà a fare una panoramica per quanto riguarda i dispositivi attivi e passivi.
Sistemi di controllo passivo
I sistemi di controllo passivo sono dispositivi che funzionano senza la richiesta di energia dall’esterno, utilizzando il solo moto della struttura per produrre spostamenti relativi tra le diverse parti del sistema così da sviluppare delle forze di controllo necessarie ad aumentare la capacità di dissipazione di energia (Figura 1).
Figura 1 – Schema di funzionamento di un sistema di controllo passivo
Nel caso di utilizzo di sistemi passivi si modificano le caratteristiche della struttura globale in termini di rigidezza/capacità ottenendo una risposta dinamica più favorevole nei confronti delle azioni sismiche.
I sistemi di controllo passivo più utilizzati sono i dissipatori ad attrito (friction dampers), i dispositivi di isolamento alla base (appoggi elastomerici e a pendolo scorrevole), gli smorzatori viscosi (viscous dampers), i controventi dissipativi e gli smorzatori a massa accordata (tuned mass damper).
Sistemi di controllo attivo
I sistemi di controllo attivo sono, invece, organi che operano richiedono un certo quantitativo di energia proveniente dall’esterno, tale da permettere il funzionamento di attuatori elettro-idraulici, elettro-meccanici o elettrici, che forniscono le forze di controllo sulla struttura.
In questi casi è necessario sviluppare un algoritmo di controllo in grado di comandare gli attuatori che a loro volta saranno in grado di generare le forze di controllo necessarie per dissipare l’energia sismica. Il funzionamento di tale algoritmo sarà subordinato all’elaborazione dei dati misurati da alcuni sensori disposti in punti strategici all’interno dell’edificio, in grado di misurare la risposta della struttura investita dal terremoto (Figura 2).
Figura 2 – Schema di funzionamento di un sistema di controllo attivo
Le forze di controllo sono generate dagli attuatori, comandati da un algoritmo di controllo, le cui decisioni si basano sul feedback, proveniente da sensori, che misurano la risposta della struttura e sulle informazioni feedforward, provenienti dalla misura dell’eccitazione.
I dispositivi attivi più noti sono gli smorzatori attivi a massa, anche denominati Active Mass Damper (AMD).
Active Mass Damper
Gli Active Mass Damper (AMD), sono la versione attiva e più evoluta del dispositivo passivo Tuned Mass Damper.
Sono costituiti da una massa oscillante ausiliaria, azionata da un attuatore, che esercita una forza sulla massa, facendola vibrare. La forza di controllo esercitata sulla struttura è data dalla forza d’inerzia della massa grazie al principio di azione e reazione. Il sistema AMD presenta il vantaggio di poter ridurre la risposta della struttura in un campo di frequenze più ampio rispetto al dispositivo passivo da cui deriva, utilizzando una massa mobile del tutto trascurabile se confrontata con il peso totale della struttura.
La prima implementazione di un dispositivo di controllo attivo su un edificio è stata con l’adozione, nel 1989, di un sistema AMD a Tokyo all’interno del Kyobashi Seiwa (Figura 3).
Questa struttura di 11 piani monta al suo interno due masse attive di 5 tonnellate totali (il peso dell’edificio è pari a circa 400 ton) per contrastare sia il moto trasversale dell’edificio sia il moto torsionale dalle azioni di vento.
Figura 3 – Kyobashi Seiwa di Tokyo
ISAAC Antisismica ha brevettato il primo sistema di controllo attivo di tipo AMD in Europa in grado di migliorare in modo significativo il comportamento globale di una struttura soggetta ad un evento sismico.
Il sistema prevede l’installazione degli attuatori sul piano di copertura del fabbricato da proteggere (Figura 4) e di sensori accelerometrici posizionati in punti strategici della struttura (Figura 5). Un computer centrale coordina e controlla l’intero sistema. Lo scopo di quest’ultimo è quello di contrastare il moto dell’edificio durante il terremoto, andando a ridurre le ampiezze di oscillazione della costruzione e di conseguenza andando a rendere meno intense le forze agenti sugli elementi strutturali resistenti. Questo processo avviene attraverso la generazione di forze da parte delle macchine, determinate dall’algoritmo di controllo implementato all’interno del computer centrale. Quest’ultimo misura le accelerazioni dell’edificio nei punti in cui sono posizionati i sensori e, di conseguenza, calcola le forze che le macchine devono generare.
Figura 4 – AMD proposto da ISAAC
Figura 5 – Esempio di sensore accelerometrico installato sulla struttura
L’adozione di sistemi di controllo attivo all’interno delle strutture civili costituisce il futuro della protezione sismica, in quanto permette di ottenere miglioramenti del comportamento dinamico dell’edificio in caso di sisma paragonabili a quelli ottenibili con l’adozione di sistemi passivi, ma sfruttando il vantaggio della minore invasività in fase di installazione. Un sistema di questo tipo, infatti, consente di intervenire sugli edifici senza arrecare disturbo agli abitanti e permette di ridurre al minimo i lavori accessori propedeutici per l’installazione del sistema.
NOTA IMPORTANTE
La Figura 3 è stata presa dal seguente lavoro: “Semiactive control of civil structures for natural hazard mitigation: analytical and experimental studies” – Richard E. Christenson – Department of Civil Engineering and Geological Sciences, Notre Dame, Indiana, December 2001
Autore: Fabio Menardo